La trasformazione architettonica ed artistica
Della Chiesa (o Oratorio) (1) della Madonna della Croce, chiamata Beata Vergine dell'Assunta ed in taluni documenti Santa Maria in Croce Longa (2), si hanno già notizie sul finire del secolo XV. Sotto il portico antistante la Cappella, il 12 marzo 1485 la comunità viggiutese consegnava a prete Francesco Ferrabino da Oleggio l'atto nel quale risultava essere stato prescelto quale rettore della parrocchia.
La chiesa viene descritto per la prima volta quale "Oratorio" nel 1567 in seguito alla visito fatta dall'Arciprete di Monza Mons. Gio. Battista Castano che dopo averla visitata così la descrisse:
"La chiesa ossia la Cappella di Santa Maria Assunta è piccola ha un solo altare non consacrato; ha tuttavia la pietra sacra non inserita nella mensa, ha la predella adatta, e sul muro al posto dell'ancona ha l'effigie della Beata Vergine di Santo Stefano e di altri Santi. La facciata è chiusa da cancelli in ferro, ha un ampio porticato sotto cui passa la pubblica via. Non ha alcun reddito. Possiede i seguenti paramenti: un calice con la coppa, et patena di argento indorata brutto, et malridotto; un missale ambrosiano, un palio di panno rosso con la Croce, una pioneda di panno rosso con la Croce, con il camise et i suoi fornimenti". Nella seconda metà del XVI secolo si susseguirono numerose visite pastorali: il 20 luglio 1569 venne il gesuita Leonetto Clivone, anch'egli inviato dall'Arcivescovo Carlo Borromeo in visito alla pieve di Arcisate, il quale annotò: "che essa era dedicato a Santo Maria della Croce, era lungo brachia 5 quadrate, nella quale fu celebrato fino ad oggi, al suo altare era conservata una bolla di un'indulgenza di cento giorni tendendo le mani, la quale è stata tolta e fu ordinato che non avesse più valore".
Martedì 4 Agosto 1574 l'Arcivescovo Carlo Borromeo la visitò, la trovò costruita in un sol fornice, aperta sul davanti e chiusa con una decorosa inferriata, ma la ritenne non conveniente per celebrarvi la messa, tanto che diede il consenso perché fossero spesi per la chiesa di Santo Pietro Martire dell'Ordine Domenicano i cinque scudi che Gio. Antonio Longhi ed i suoi fratelli dovevano a soddisfazione di un voto fatto.
Il 2 ottobre 1586 giunse in paese l'Arcivescovo Gaspare Visconti, successore di Carlo Borromeo. Constatò come l'Oratorio fosse con copertura a volte e dipinto, chiuso sulla facciata solo da cancelli in legno, con antistante un piccolo portico coperto da tegole, e dotato di un unico altare dipinto, sguarnito per il resto.
Solamente tre anni dopo, Monsignor Antonio Seneca ordinò che il portico fosse chiuso e sospese l'altare, così che non fu più celebrata la messa: l'ordine di chiudere il portico, rimasto inevaso, fu ribadito dal Cardinale Federico Borromeo all'inizio del '600, per evitare che il popolo si intrattenesse anche per attività profane. Molte devote persone continuarono comunque a donare offerte in denaro, gallette (bozzoli) e altro, tanto che il Cardinale Cesare Monti, nel giugno 1639, invitò il Parroco ad approntare un registro delle somme incassate e delle spese, da tenere sempre aggiornato. Sul registro si legge tra l'altro: "per robbe messe all'incanto sotto l'anno 1670 cavato £ 20. Addì 6 novembre 1674 cavato della cassetta della Madonna £ 20.4. Addì 4 agosto 1675 per seta venduto £ 3.13.
L'Arcivescovo non curò soltanto il lato economico, ma anche l'aspetto architettonico della chiesa: le finestre necessitano di grate di ferro perché l'Oratorio non sia aperto alle rondini che fanno il nido". In queglanni era sacrestana Madonna Violante Buzzi, mentre le chiavi ed il controllo erano affidati a uomini onesti, che provvidero tra l'altro a far eseguire le opportune riparazioni, a dotare la chiesa di un palio bianco e di due angeli adoranti. Tutte le spese sostenute furono puntualmente annotate: "Addì 20 luglio 1671 speso a beneficio dell'Oratorio della Croce in coppi, legname, fattura e candele £. 3.3. Addì 7 febbraio 1675 per palio bianco, a conto dello stesso £ 6 l. 10. Addì 13 aprile 16 75 per indoratura delli doi Angeli della Madonna £ 20". Un elenco di elemosine per l'Oratorio in data del 2 agosto 1683 testimonia l'efficienza e la frequentazione raggiunta dalla cappella.
Nicolò Sormani nel suo scritto del 1728 sulla Pieve di Arcisate, così la descrive: "Altro più antico Oratorio sta onde si esce verso Corno, ed è Santo Maria della Croce Longa, cella per altro esile, ristretta da ferriate nell'angolo del quadrivio e si vede ivi ancora quel portico sfacciato da tre bande che da il posso alle strade incrocicchiate; dove per gli conventicoli notturni della gioventù vagante nelle tenebre, Mons. Seneca Visitatore (1589) sospendette l'altare di essa chiesuola così che d'indi in poi non sia celebrata la Santa Messa".
Venerdì 18 marzo 1729 venne fatta supplica all'Arcivescovo perché esaudisse quanto desiderato da alcuni devoti: "... che quel luogo ove sta la Cappella con l'effige della B. V. Maria chiamata "Ut volgo della Croce" di grande devozione si potesse ergere ivi un picciolo Oratorio sotto il titolo e dedicazione della Assunzione di Maria Vergine.." Quanto richiesto fu esaudito.
Il Cardinale Pozzobonelli in occasione della visito pastorale a Viggiù, il 13 giugno 175 1, dopo averla visitata fece scrivere la seguente relazione: "Entro i confini di questo paese, tuttavia non lontano dalla chiesa parrocchiale, è stato edificato un Oratorio sotto il titolo ed in memoria della Beato Vergine Maria della Croce. Si sale in esso per un gradino.
La sua forma è allungata ed abbastanza elegante. La lunghezza raggiunta circa 18 cubiti [= m 9.72], la larghezza circa 8 cubiti [= m 4.32], l'altezza 16 [= m 8.74]. E' illuminato sufficientemente d'appertutto da cinque finestre. Pilastri di mattoni stanno al posto della torre campanaria. La sacrestia abbastanza ampia guarda il settentrione.
Il corredo sacro è adeguato e decoroso".
Lo stesso Cardinale, il 30 luglio 1773, concede a "Giovanni Angelo Giudici Prevosto di Arcisate e Vicario Foraneo della Diocesi di Milano, la facoltà di celebrare messo nella pubblica Chiesa della Croce, dedicata alla Beata Vergine Maria in Cielo Assunta, di Viggiù, a condizione che la Chiesa sia decentemente ornata e parata, provvista nelle neccessarie suppellettili per la celebrazione della messa, provvista di acqua benedetta, osservando durante la. celebrazione tutti i riti prescritti".
Negli atti della visita del 19 settembre 1781 di Monsignor Alessandro Sessa si legge: "visitatore regionale -pro Oratorio B.te Mariae viva nascendi (sic) aliove appellet della Croce- sibula saltem in utriusque oratorii sacrestia apponatur in cuius fundo insit peneus tabulus unde aqua sensi affluat ad sacerdotum manus abluenda (A.P.V.)".
Il 30 aprile 1792 si chiede all'Arcivescovo che, per comodità del vecchio sacerdote, alcuni legati della Chiesa parrocchiale siano adempiuti all'Oratorio della B.V. Assunta, chiamato della Croce.
Nel 1808 l'amministrazione della Chiesa era tenuta da due fabbricieri nominati dal Comune ed il suo patrimonio era costituito da una piccola casa, da un pezzo di terreno a pascolo poi ad oratorio dai quali si ricavava un affitto annuo di £ 20.
L'8 novembre 1808 il Prefetto, con foglio 3376, proibisce di celebrare feste negli Oratori della Croce e della Madonnina, incapaci di contenere la popolazione che vi accorre.
Nel 1831, il 9 novembre, i fabbricieri e il Parroco presentarono in Curia la richiesta che due pregevoli opere a bassorilievo, di Giovanni Piazza e di Stefano Buzzi, collocate all'aperto e quindi soggette a deterioramento, potessero trovare una degna collocazione nell'Oratorio. Il Cardinale Carlo Gaetano Gaysryck accordò prontamente il benestare il 30 dello, stesso mese. Il 10 novembre 1843 la fabbriceria domandò al Conte Renato Borromeo Arese se acconsentiva "a fare permuta di immobile: cioè il locale della vecchia sacrestia contro il locale posto a contatto diretto con l'Oratorio di Santa Maria della Croce, a fianco del presbiterio, divenuto di proprietà del Conte, per l'acquisto fatto a Giuseppe Buzzi Quattrino". La richiesta era giustificata dal fatto che l'Oratorio mancava di una vera sacrestia, male supplita da un'angusta stanza non comunicante con l'esterno, scarsa di luce e di ventilazione che riceve da una sola finestra posta sotto il basso portico di una casa vicina, onde non vi si potevano lasciare riposti gli arredi necessari per l'umidità. Il Conte non solo acconsenti, ma non mancò di elargire anche un "generoso dono all'Oratorio stesso per la tribuna che gli venne superiormente consentito di costruire dalla parte sinistra del presbiterio, in comunicazione colla sua casa sopra l'antica sacrestia".
Il 4 maggio 1844 ci fu il compromesso col Conte Renato Borromeo per l'acquisto del locale sacrestia. Acquisto del locale "A" e cessione del locale "B" (il locale "B" fu in effetti ceduto solo in parte). Ha servitù di una tribuna prospiciente l'altare riparata da Griglia, a favore della casa alias Borromeo i quali hanno fatto donazione del locale sacrestia e parte della camera soprastante.
Nel 1859 fu eretto il campanile attuale, corredato di una sola campana di Kg. 61, in sostituzione del precedente a vela. Prima di uscire dalla chiesa è da osservarsi la bella e comoda loggia, che il defunto conte Renato Borromeo aveva fatto costruire per assistere alle funzioni religiose, collocandovi nel centro del parapetto, l'antico motto di famiglia in latino "HUMILITAS" e per godere di tale favore donò parte della camera sovrastante la sacrestia per erigere la torretta del campanile.
Da ultimo il Cardinale Carlo Ferrari concesse nel 1911 l'autorizzazione di poter conservare il Santissimo Sacramento.
I cenni storici che corrono dal XVI al XIX secolo, seppur brevemente, documentano la storia dalle origini sino agli inizi della trasformazione della chiesa conclusasi nel 1859.
Il desiderio di impreziosire e rendere più accogliente il complesso religioso, fu iniziativa di autorevoli Viggiutesi, in ogni caso ci fu il contributo e la cooperazione di tutti i cittadini.
Le opere architettoniche, ornamentali e scultoree della facciata furono eseguite da una numerosa schiera di valenti e stimati artisti locali.
(1) Oratorio: Luogo di preghiera, cappella di dimensioni ridotte con particolari caratteristiche architettoniche e canoniche, costruito a spese di una Confraternita o di privati.
(2) Le notizie storiche sono tratte da una mostra sulla Chiesa della Croce a cura di Gibi Franzi, tenuta nel 1977, e da un opuscolo pro-restauri riprodotto in 600 esemplari, stampato nel 1990 dall'Associazione Cultori di Storia Locale di Viggiù.